in ricordo di Marcello Gandini

Il 13 marzo la triste scomparsa di Marcello Gandini…
– Chi era Gandini?
– E’ la persona che ha separato l’automobile d’epoca da quella moderna (che vediamo tutt’ora). Con le sue linee il cosiddetto “Tratto Gandini” ha creato il concetto di vetture sportive anticipando l’aerodinamica di molti anni.
In poche settimane, da solo, riusciva a progettare auto che oggi un team di 200 persone riesce a fare in anni di lavoro. Il segreto dell’uniformità della carrozzeria è dovuta proprio al fatto che era una persona sola a modellare tutto l’insieme.
La sua carriera è iniziata nel 1965 sostituendo Giorgetto Giugiaro alla Carrozzeria Bertone. Tra i due c’è sempre stata un’aperta rivalità contraddistinta però dal massimo rispetto reciproco.
Il lavoro di Gandini è continuato fino al 1980 anche se si può dire che nella sua vita non ha mai smesso di disegnare. Ripercorriamo insieme con un elenco le dieci vetture più iconiche ideate da Gandini.
1. Lamborghini Miura: la prima e forse la più rappresentativa tra le vetture associate a Gandini. Leggenda vuole che il team di sviluppo si fosse ispirato alla Ford GT40 per il motore posteriore. L’idea era quella di ottenere una macchina sportiva da strada però partendo da un’auto da pista. Lamborghini affidò il telaio, progettato dall’ Ing.Paolo Stanzani e dall’ Ing.Gian Paolo Dallara, la Carrozzeria era Bertone poichè la casa del Toro era nemica di Ferrari, il quale si serviva di Pininfarina principale rivale di Bertone. Gandini disegnò una vettura a corpo unico andando ad eliminare le varie forme che componevano le auto di quell’epoca. Tantissime le novità introdotte per la prima volta: cerchi in lega di magnesio col monodato (rivisti solo a fine anni ’80), l’aria condizionata, gli alzacristalli elettrici con i vetri senza cornice, le gomme che riempiono completamente i passaruota, i fari i proiettori anteriori elettrici che si sollevano quando si accendono, con le mitiche “ciglia” per nascondere la provenieza dalla Fiat 850. Il V12 di Giotto Bizzarrini posizionato posteriormente con il cambio vicino all’albero. La copertura del motore in liste di plastica per migliorare il raffreddamento e le prese d’aria che anche oggi sono posizionate lì in quel punto su tutte le auto sportive. I cofani in alluminio si aprono completamente per lasciare in vista tutta la meccanica, gli scarichi “finti” che servivano solo per prolungare le marmitte (successivamente visti solo nel 2010), la vista anteriore con le portiere aperte che ricorda la testa di un Toro, tutto è stato studiato nei minimi dettagli da Gandini, addirittura le lettere della la scritta del modello Miura hanno le corna, le zampe e la coda.
1966 – Lamborgini Miura con portiere aperte, vista frontalmente, sembra il muso di un toro.
2. Alfa Romeo 33 Bertone Carabo: questo concept è una delle sei AR 33 Stradali riviste dai maggiori carrozzieri italiani partendo dal cosiddetto “foglio bianco”. Carabo prende il nome da un coleottero dal colore verde brillante proprio come la carrozzeria. Leggenda vuole che l’auto è stata completata in sole 10 settimane. Oltre che per la particolare tinta verde, scandalosa nel 1963, stupiva per vetri a specchio e per i fanali che si aprono a tapparella. L’auto è molto bassa: 99 cm ed è il primo esempio di forma a cuneo. Per facilitare l’ingresso Gandini inventa le portiere ad aperura verticale, che verranno poi adottate di serie sulla Countach e da lì per tutte le Lamborghini di alta gamma. Il posteriore è verticale ed anche qui la scritta Carabo che riprende la forma dell’auto vista di lato con le portiere alzate.
1968 – Nuccio Bertone ammira la Carabo creata, si dice, in 10 settimane.

3. Lamborghini Countach: la storia narra che Countach!” esclamò la guardia giurata della Carrozzeria Bertone mentre aiutava a sollevare il telo che copriva il prototipo insieme all’ingegner Stanzani, progettista dell’auto, arrivato clamorosamente in ritardo all’appuntamento con Bertone e Gandini. Stanzani pensò che questa esclamazione fosse il nome della nuova vettura, ma in realtà si trattava di un’espressione di stupore, tipica del dialetto piemontese, traducibile in “mamma mia!”. Gandini tuttavia, ha sempre sostenuto che fosse stato per primo un disegnatore della Bertone a definire un CONTAGIO questa Lamborghini. Nessuno saprà mai la verità ma tutti concordano sul fatto che questa è una delle auto più belle del Ventesimo Secolo. Stanzani spinse Gandini a disegnare una carrozzeria il più esasperata possibile: con una linea bassa a cuneo, portiere ad apertura verticale come la Carabo, prese d’aria laterali tipo Naca e fari a scomparsa. Sul concept, per la prima volta su un’automobile, venne utilizzata la strumentazione digitale. All’inizio, la Countach non suscitò interesse poiché tutti pensavano che sarebbe rimasta un prototipo, invece Lamborghini la mise sul mercato per davvero.

1971 – La prima versione della Lamborghini Countach LP400 “periscopica” con le famigerate portiere alzate.
4. Ferrari Dino 308 GT4: nel 1973 Marcello Gandini era già un designer affermato. Enzo Ferrari aveva deciso da tempo di fondare una costola della Ferrari per modelli di auto più accessibili, in collaborazione con Fiat e dedicati al figlio Dino. Per la prima volta Enzo decise di non affidarsi a Pininfarina, ma di chiedere al suo acerrimo nemico cioè Bertone. Ferrari chiamò “quel Gandini lì” e gli diede carta bianca per il progetto. Gandini decise di non imitare il genere di Pininfarina, ma di imporre il suo stile sportivo. Quasi a ripagarlo con la stessa moneta, il designer decise di utilizzare la carrozzeria simile alla Lamborghini Urraco. Esce così un coupè 2+2 dai tratti decisi e netti mai più rivisti su un’auto del Cavallino. La Dino 308 GT4 è ancora l’unica Ferrari prodotta in serie e carrozzata Bertone. Sicuramente acquisirà valore nel tempo.
1974 – La matita di Gandini firma il posteriore della Dino Ferrari GT4.
5. Lancia Bertone Strato’s Zero: il concept che più di tutti è il manifesto della linea a cuneo gandiniana per eccellenza. La leggenda narra che Bertone voleva disegnare un’auto sportiva per Lancia, ma dai vertici dell’azienda automobilistica non erano d’accordo. Così Bertone decise di entrare nella sede di Lancia passando sotto la sbarra del parcheggio. La Zero è alta appena 99 centimetri e vi si accede dalla parte frontale alzando il vetro e reclinando il piantone dello sterzo. Ogni dettagio è studiato attentamente: dalla strumentazione dedicata sul lato del guidatore agli specchietti retrovisori interni alla carrozzeria per non compromettere l’estetica complessiva. I fari posteriori sono una fila di luci che anticipa di trent’anni i LED. L’auto è unica ma ha subito diverse verniciature nel corso degli anni, anche per apparire in un video di Michael Jeckson; ora è tornata dell’originale colore marrone metallizzato. Un’altra curiosità è che è stata la prima automobile ad avere nel nome l’apostrofo; la successiva è stata la Kia Cee’d nel 2006.
1970 – La Bertone Lancia Strato’s Zero: in questa foto si capiscono dimensioni e “scomodità” di questa statua a 4 ruote.
6. Alfa Romeo Montreal: ad AR serviva una piccola sportiva così si decise di affidare il progetto a Marcello Gandini. Ne derivò un prototipo così avvenieristico che fu esposto all’Expo del 1967 in Canada e prese il nome dalla città: Montreal. Rispetto al concept iniziale, la vettura di serie aveva un cofano molto più alto per ospitare un V8, perdendo un po’ l’uniformità della carrozzeria. Altri particolari rimasero invariati come la presa d’aria ovale, che recentemente fu riusata dalla Giulia SWB, i fari nascosti dalle palpebre e i tanto contestati sei intagli a lato della portiera che in seguito divennero segno distintivo della vettura. Il posteriore è unico nel suo genere con gli scarichi posizionati al centro e orientati verso il basso. Gandini toccò questa Alfa Romeo con rispetto e diversificandola da tutte le altre auto.
1970 – Alfa Romeo Montreal inconfondibili 2 terminali di scarico affiancati e i colori sgargianti. Avrebbe dovuto essere la Miura per tutti.

 

7. Lamborghini Bertone Marzal P200: è considerata il primo esempio di coupé a quattro posti veri. Bertone ha preso il telaio della Lamborghini Miura, lo ha allungato di 12 centimetri e ha diviso il motore posteriore a metà formando così un sei cilindri in linea. Marcello Gandini ha creato un’auto straordinariamente futuristica, con il tetto trasparente come caratteristica distintiva e le portiere ad ala di gabbiano anch’esse vetrate, che amplificano il senso di velocità percepita. L’interno è con quattro sedili singoli ricoperti di finta pelle a specchio, ispirati alle tute degli astronauti. Un particolare distintivo della Lamborghini Bertone Marzal è che Gandini ha introdotto il motivo a esagoni nella coda e sulla plancia per la prima volta. Questa trama esagonale è diventata un’iconica utilizzata in seguito da Lamborghini. Firma indiscussa del designer è quel tratto nero, quasi a matita, che percorre a metà la fiancata da paraurti a paraurti. Marzal è rimasto esemplare unico ma la base è servita per creare la Espada.
1967 – Bertone Lamborghini Marzal….troppo futurista anche a parlarne oggi.
8. Fiat X1/9: la storia narra che un giorno l’Avvocato Agnelli si recò in visita alla Bertone e vide un prototipo messo in un angolo: era la Runabout, su base e meccanica Autobianchi. La vettura era una barchetta con un grosso rollbar e prendeva ispirazione dai motoscafi da corsa. Agnelli decise di svilupparne un progetto per una roadster a due posti secchi, alla portata di tutti, a marchio Fiat. L’auto venne tutta stravolta, a parte il nome che restò quello della codifica interna in Bertone: X1/9. Dicono che il primo vero esemplare venne portato in una carrozzeria a lucidare per la presentazione ufficiale. Durante questo intervento, venne vista da Alejandro De Tomaso, che chiese al designer Tom Tjaarda di ricalcarne le linee per lanciarla al salone di Torino come Ghia 1600 Spider, per battere sul tempo i nemici comuni Fiat e Bertone. Nonostante una spinta di Ford, vinse Fiat che mise sul mercato per prima la X1/9. Gandini disegna una vettura di tipo targa contraddistinta da una linea a cuneo dallo stile inconfondibile ispirato dalle auto americane. L’amico Ing. Gian Paolo Dallara creò poi una serie di X1/9 con il nome modificato come si pronuncia: Icsunonove.
1973 – Dallara Icsunonove.
9. Lancia Stratos: il marchio Lancia voleva assolutamente vincere nei rally ed in pista così si decise per una vettura leggera a motore posteriore di derivazione Dino Ferrari. L’ Ing. Nicola Materazzi aveva pensato al telaio e a la meccanica mentre a Gandini rimase il compito di rivestire il tutto con la carrozzeria. Per diminuire il peso si scelse di usare la vetroresina più modellabile del metallo adatta anche ad assorbire piccoli urti. L’abitacolo è raccolto con una vetratura ispirata alla visiera del casco. L’idea della praticità nelle corse era favorita dai cofani che aprendosi completamente facilitavano le riparazioni. Segno distintivo sono rimasti il piccolo alettone sul tetto e i contestatissimi fanali posteriori tondi che erano quelli della Fiat 850 semplicemente bordati di plastica nera. La Stratos resta, assieme a Miura, una delle più famose opere di Gandini. La Lancia Stratos veniva simpaticamente chiamata dagli addetti ai lavori: “lo Strazio”.
1974 – Lancia Stratos HF in una rara livrea rally Malrlboro.
10. Maserati Quattroporte IV generazione: alla casa più di eleganza sportiva italiana era necessaria una vettura di rappresentanza per figure di spicco e soprattutto per il Capo dello Stato. La prima versione, firmata da Pietro Frua, si caratterizzava per un’eleganza accentuata, con volumi ampi simili a quelli di Mercedes e BMW. La seconda versione aveva tratti più dipendenti da Citroën mentre la terza aveva come matita Giorgetto Giugiaro che difficilmente sbaglia un’auto di questo calibro: linee squadrate e semplici, volumi abbondanti e eleganza pura e raffinata. Per la Quarta generazione di Quattroporte arriva Gandini ebbe un’idea geniale: creare un’auto non solo comoda per i passeggeri posteriori, ma anche estremamente piacevole da guidare, tanto da poter essere guidata anche da un industriale o da chi non ha bisogno di un autista. Si stravolge tutto: forme più compatte, abitacolo raccolto, realizzato su pianale della Biturbo e le prestazioni erano da GranTurismo vera: velocità massima di 260km/h e accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 6 secondi. Questa a mio avviso una delle Quattroporte meglio riuscite perchè attualmente ci vorrebbero in gamma Maserati oltre a SUV e Sportive anche 2 Quattroporte: una come l’attuale più elegante ed una sorta di piccola Ghibli più sportiva. Un’idea davvero brillante sarebbe quella di ampliare la gamma con due versioni di Quattroporte:
  • Quattroporte Elegance (Belfiore): Più lussuosa e raffinata, come l’attuale, con un design elegante e accattivante, focalizzata sul comfort dei passeggeri posteriori.
  • Quattroporte Sport (Tridente): Più sportiva e aggressiva, con un design più aerodinamico e un telaio ribassato, con prestazioni più elevate per un’esperienza di guida più entusiasmante.
1994 – Maserati Quattroporte IV trasuda arroganza e sportività dei ruggenti anni 90.
Eri diventato Dottore da pochi mesi, eri già nella Storia, oggi sei nel Mito. I tuoi capolavori: Miura, Countach, Montreal, Stratos….resteranno opere d’arte del mondo dell’automobile. Quando in cielo vedremo una nuvola a forma di triangolo penseremo che l’hai disegnata tu.
Macello Gandini 26 ago. 1938 / 13 mar 2024

 

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